Carovita: gli italiani non cambiano più l’auto, ma fanno i conti con il caro riparazioni

 Cambiare auto non conviene più, ed ora gli italiani affrontano anche il caro-riparazioni

  Il mercato automobilistico italiano sta vivendo una trasformazione profonda. Con il calo del mercato del nuovo e un potere d’acquisto sempre più ridotto, i veicoli in circolazione invecchiano e richiedono una manutenzione più frequente. Allo stesso tempo, i costi di riparazione continuano a crescere rapidamente, incidendo in modo significativo sul budget delle famiglie.


 Questo studio condotto da ACtronics ci mostra come, di fronte a queste difficoltà, gli automobilisti stanno adattando le proprie abitudini e mostrano un interesse crescente per alternative che permettano di contenere le spese senza compromettere l’affidabilità del veicolo.

 Età media a 13 anni: il parco auto italiano non è mai stato così vecchio

Secondo l’Annuario Statistico dell’Automobile Club d’Italia, a inizio 2025 l’età media delle autovetture italiane ha raggiunto 13 anni, proseguendo una tendenza ormai consolidata. Rispetto al 2009 — quando la media era di 7,9 anni secondo UNRAE — l’invecchiamento del parco auto è oggi superiore a 5 anni.

 Questo fenomeno è direttamente collegato alla contrazione del mercato del nuovo, con listini in costante aumento e una progressiva scomparsa delle versioni più economiche. Le auto moderne offrono più comfort e sicurezza grazie a una crescente presenza di componenti elettronici, ma ciò comporta anche interventi più costosi e una durata più breve di alcune parti.

 Un parco più vecchio implica quindi manutenzione più regolare: con l’aumento dei chilometri, guasti e interventi diventano più frequenti, mentre i costi sono saliti.

 Manodopera, ricambi e inflazione: perché mantenere un’auto costa di più

Negli ultimi dieci anni la spesa media annua per manutenzione ordinaria e riparazioni è aumentata del 33% (fonte: Federcarrozzieri). Nello stesso periodo, la spesa per pezzi di ricambio, pneumatici e lubrificanti è cresciuta del 21,2%. La tendenza non si è arrestata: tra il 2023 e il 2024 la manutenzione è aumentata ulteriormente del 3,3%, mentre i ricambi hanno registrato un +2,5%.

 Anche la manodopera segue questa dinamica: in Italia la tariffa oraria è passata da 55 € nel 2015 a 71,08 € nel 2024, pari a un aumento del 29% in meno di dieci anni. A livello europeo, i costi di riparazione sono saliti del 6,4% nel primo trimestre 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

In questo contesto, gli automobilisti modificano i loro comportamenti. Le riparazioni urgenti restano prioritarie, mentre gli interventi secondari vengono sempre più spesso rinviati. I conducenti confrontano con maggiore attenzione i preventivi e si interessano a nuove possibilità per ridurre le spese. Questa evoluzione apre la strada a soluzioni alternative, tra cui l’utilizzo di ricambi provenienti dall’economia circolare.

 Fino all’80% di risparmio: perché il ricondizionato convince

In un quadro di aumenti generalizzati, i ricambi rigenerati stanno suscitando un interesse crescente. Secondo l'analisi GiPA, il 45% degli automobilisti italiani accetterebbe un ricambio ricondizionato in base alla tipologia, mentre 1 su 10 lo preferisce senza condizioni. Il settore delle officine è ancora più avanzato: il 66% delle officine indipendenti e il 78% delle officine autorizzate installano già ricambi rigenerati.

 Secondo ACtronics — specialista europeo nella rigenerazione di componenti elettronici — questi ricambi permettono in media un risparmio compreso tra il 50% e l’80% rispetto ai pezzi nuovi.

 Alcune differenze sono particolarmente rilevanti:

 un body control module per Skoda Rapid costa 149 € nella versione rigenerata contro 446 € del nuovo;

 un selettore del cambio per veicoli del gruppo Volkswagen (piattaforma MQB) costa 149 € rigenerato contro 615 € per il nuovo.

 Oltre alla convenienza economica, la rigenerazione offre benefici ambientali concreti: permette di ridurre drasticamente i rifiuti, limitare il consumo di materie prime ed evitare lo smaltimento non necessario di componenti riparabili. Secondo ACtronics, questa pratica consente di risparmiare oltre 100.000 kg di materie prime all’anno.

 I pezzi rigenerati rappresentano inoltre una soluzione importante quando i ricambi nuovi sono esauriti o non più prodotti, soprattutto per veicoli anziani: un vantaggio determinante per un parco auto che continua a invecchiare.

Un livello di qualità garantito da standard industriali

La qualità dei ricambi rigenerati dipende da processi rigorosi: dopo lo smontaggio, ogni componente viene ispezionato, le parti difettose sostituite e il prodotto finale viene testato su banchi prova capaci di simulare le condizioni reali di utilizzo.

Lavoriamo secondo gli standard riconosciuti dell’industria automobilistica, come ISO 9001, ISO 14001, e secondo le metodologie APQP, EFMEA e PPAP. Ogni fase è tracciata digitalmente, garantendo un controllo totale del processo», precisa ACtronics.

 Metodologia dell’indagine

L’indagine alla base di questo studio condotto da ACtronics, integra dati ufficiali e fonti autorevoli del settore automobilistico. Le informazioni sull’età media del parco circolante provengono dalle pubblicazioni dell’Automobile Club d’Italia e dall’UNRAE, che consentono di ricostruire l’evoluzione dell’età dei veicoli negli ultimi quindici anni. Per quanto riguarda i costi di manutenzione, riparazione e manodopera, sono state utilizzate le elaborazioni diffuse da Federcarrozzieri, integrate con analisi europee che monitorano trimestralmente l’andamento dei prezzi delle riparazioni. I comportamenti dei consumatori e delle officine relativi all’adozione dei ricambi rigenerati derivano dalle rilevazioni condotte da GiPA sul mercato italiano dell’aftermarket. Infine, i dati tecnici, operativi e ambientali legati alla rigenerazione dei componenti si basano sull’esperienza e sulle procedure industriali sviluppate da ACtronics nei propri centri specializzati.

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